mercoledì 14 novembre 2012

INTRODUZIONE


Negli ultimi decenni lo sviluppo tecnologico ha avuto un impulso eccezionale, in particolare per quanto riguarda il campo delle “biotecnologie innovative”, con la scoperta del DNA e la possibilità della sua manipolazione. In questo ambito vorremo inserire la tecnica dei xenotrapianti, termine che indica il trapianto di organi, tessuti, cellule da una specie animale all'altra, in quanto strettamente legata con la modificazione genetica degli animali.

Al giorno d'oggi la tecnica dei trapianti rappresenta la soluzione a molte e diverse patologie umane. Vi è però in questo quadro positivo un fattore limite grave ed evidente: la carenza di organi e tessuti umani utili per il trapianto. Lo xenotrapianto, da questo punto di vista, offrirebbe una pratica soluzione all'inconveniente sopra evidenziato, garantendo una buona riserva di organi, tessuti e cellule e ovviando così, alla carenza di donatori umani. È una lontana dal divenire realtà clinica. Tale tecnica è ancora in fase sperimentale e preclinica, in quanto vi sono parecchie questioni irrisolte, sia pratiche che morali. Dal punto di vista pratica, infatti, lo xenotrapianto solleva due problemi importanti quali il rigetto e la possibilità di introduzione di nuovi agenti infettivi nella popolazione umana, mentre dal punto di vista etico di sono questioni che richiedono n interventi non solo di natura medica, ma anche teologica, psicologia ed etica, nonché di natura legale e procedurale. 

IL RAPPORTO UOMO-ANIMALE

L'origine del rapporto fra uomo e animale, così come la riflessione sull'animale da parte dell'uomo, inizia nella notte dei tempi. Tuttavia il rapporto iniziale era un rapporto naturale (cacciatore/preda) o del tipo amicale. Il contatto fra questi due poli era quindi sì conflittuale, ma non nettamente diviso fra uomini, portatori di diritti, e animali, visti come cose, come utili oggetti, come mezzi. La situazione cambiò irrimediabilmente con il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale, basata sull'agricoltura e l'allevamento: l'uomo deve, a questo punto, sottolineare la sua supremazia su tutti gli altri esseri viventi, animali e vegetali, creando la divisione, tutt'ora presente, fra mondo naturale e mondo culturale.



Limitando la nostra analisi al regno animale, ci imbattiamo nella prima grande differenza tra animali umani e non umani. La Natura non ha voluto (o non ha saputo?) dotare questi ultimi della proprietà di comunicare attraverso parole. Incapace di sentire nelle loro grida e nei loro gesti la paura, il dolore, il desiderio, l'uomo si è convinto che la forza del suo intelletto gli conferisca il diritto di appropriarsi della vita di tutti gli esseri (anche non animali) che popolano l'universo.


La tematica della posizione di parità o inferiorità dell'animale rispetto all'uomo è risalente nel tempo; se ne trovano testimonianze nella varietà di opinioni espresse in proposito nella filosofia greca.


Aristotele, pur convenendo che alcuni animali inferiori (cioè non umani) hanno in comune con l'uomo alcune caratteristiche, riconosce solo a quest'ultimo la capacità di ragionare e, proprio su tale assunto, afferma la liceità dello sfruttamento indiscriminato di tutti i viventi: Le piante esistono per gli animali, e gli animali esistono per l'uomo (...). Poiché la natura non fa nulla che sia imperfetto o inutile, ne consegue che ha fatto gli animali per l'uomo.
Jeremy Bentham


Contro questa posizione che sostiene la strumentalizzazione e lo sfruttamento dell’animale, nel XVIII secolo si leva la voce di altri filosofi, fra cui Jeremy Bentham. Egli, verso la fine del 1700, scrisse:


Verrà un giorno in cui il resto degli esseri umani potrà acquisire quei diritti che non gli sono mai stati negati se non dalla mano della tirannia. I francesi hanno già scoperto che il colore nero della pelle non è un motivo per cui un essere umano debba essere abbandonato senza protezione ai capricci di un torturatore. Si potrà giungere un giorno a riconoscere che il numero delle gambe, la villosità della pelle o la terminazione dell'osso sacro sono motivi insufficienti per abbandonare un essere sensibile allo stesso fato. Che altro dovrebbe tracciare la linea invalicabile? La facoltà di ragionare, o forse quella del linguaggio? Ma un cavallo o un cane adulti sono senza dubbio più razionali e più comunicativi di un bambino di un giorno, o di una settimana, o persino di un mese. Ma anche ammesso che fosse altrimenti, cosa importerebbe? Il problema non è: 'Possono ragionare?', né 'Possono parlare?', ma 'Possono soffrire?.


Questo passo racchiude diversi concetti che saranno ripresi ai giorni nostri da Peter Singer, filosofo utilitarista come Bentham. Nello scritto citato, il comportamento verso i neri viene paragonato a quello verso gli animali, argomentazione che porterà Richard Ryder a coniare, nel 1983, il termine di "specismo", col quale si indica il diverso comportamento tenuto da buona parte del genere umano nei confronti degli animali per il solo fatto che questi ultimi non appartengono alla nostra specie. Così come i razzisti discriminano gli uomini in base all'appartenenza a una determinata razza e i sessisti in base al sesso, gli specisti discriminano gli esseri viventi in base all'appartenenza o meno alla specie umana. Bentham fornisce quella che, secondo lui, è la caratteristica che accomuna tutti gli esseri viventi appartenenti al regno animale, uomo incluso: la capacità di soffrire come di godere ed essere felici.


L'esempio di Bentham non portò alla nascita di un movimento in difesa degli animali, né non poteva essere altrimenti, considerando che, all'epoca in cui lo scrittore viveva, si iniziava appena a combattere la schiavitù e il razzismo; senza dimenticare che le donne, ritenute ancora inferiori all'uomo, non avevano diritto di voto.

martedì 13 novembre 2012

BREVE STORIA SUGLI XENOTRAPIANTI


Andando a ritroso nella storia, i primi tentativi di trapianti xenogenici, trapianti cioè che avvengono fra specie diverse, avvennero già agli inizi nel Novecento. Il primo tentativo fu infatti compiuto nel 1906 da un chirurgo francese Matheiu Jaboulay (1860-1913), il quale collegò un rene di maiale al braccio sinistro di un uomo. Il risultato fu disastroso, in quanto l'organo cominciò subito a cambiare colore e dovette essere rimosso dopo tre giorni. Tentativi e insuccessi analoghi furono portanti avanti negli anni successivi, e solo nel 1963 si ha il caso di un primo vero e proprio xenotrapianto, con l'innesto dell'organo nel paziente: il chirurgo statunitense Hichcock, a Pittsburg, impiantò in un uomo il cuore di un scimpanzé. Il risultato fu disastroso e il paziente morì dopo 90 minuti a causa del rigetto acuto. Nuovamente i successivi venti anni furono costellati di analoghi tentativi, fra cui va ricordato il caso di Baby Fae. 


Baby Fae
Baby Fae è il soprannome di una bambina di due settimane affetta da una grave malattia cardiaca, e alla quale, nel 1984, fu trapiantato il cuore di babbuino per opera del dottor Leonard Bailey. La bambina sopravvisse 21 giorni fra enormi sofferenze.

Dopo questo caso, dovettero passare 10 anni prima che nuovamente si tornasse a parlare e a praticare lo xenotrapianto. Nel giugno 1992 il professor Thomas Starzl, chiururgo americano, eseguì il trapianto di un fegato di babbuino su di un uomo affetto da AIDS ed epatite B. Nonostante il risultato disastroso, questo tentativo fece scalpore e clamore.

Per riassumere brevemente, dal primo tentativo del 1906 fino al 1997 furono eseguiti 55 xenotrapianti, e tutti hanno avuto esito infelice, soprattutto per il problema del rigetto d'organi, mai del tutto risolto fra uomo-uomo, e quindi ancora meno fra uomo-animale.

LE DUE PROBEMTICHE PRINCIPALI


 
Le due principali problematiche riguardanti gli xenotrapianti sono:
  • il rigetto: Le differenze genetiche, fisiologiche e anatomiche tra uomini e animali, che riguardano, ad esempio, la durata di vita, il ritmo cardiaco, il metabolismo, il sistema immunitario e quello ormonale, e infiniti altri elementi, si riflettono nella reazione di «rigetto iperacuto». Si ricorre dunque, oltre che all'inserimento di geni umani nell'animale, all'impiego di dosi massicce di immunosoppressori, i quali però, oltre a essere estremamente tossici, aumentano il rischio per il paziente di contrarre un tumore o altre malattie. Il chirurgo Thomas Starzl, nella rivista The Lancet (1993, 341, 65-71) descrive un esperimento di trapianto di fegato di babbuino fatto nel '92;il paziente è deceduto dopo 70 giorni di atroci sofferenze in cui è stato affetto da: intossicazione settica, viremia, emorragia nella cavità pleurica, collasso cardiocircolatorio, arresto del funzionamento dei reni e dello stesso fegato con ostruzione biliare, ecc. ecc.
  • la possibilità di trasferire all'uomo virus e retrovirus animali: Il peggior rischio per l'umanità stessa è quello di infettare gli uomini con agenti patogeni provenienti dagli organismi animali nel momento del trapianto (xenozonoosi). Questi agenti, come virus e retrovirus, trovano le condizioni ideali per il passaggio e il successivo sviluppo e mutamento in agenti patogeni umani. Il sistema immunitario umano infatti è abituato a riconoscere alcuni virus con i quali è già venuto in contatto e per questo è in grado di combatterli; ma più in generale ogni specie animale possiede all'interno del proprio corpo virus, spesso innocui. Se però questi virus entrano in contatto con un organismo estraneo, non abituato a riconoscerli, essi si possono trasformare in agenti di infezioni gravissime e mortali. Inoltre, è bene ricordare, che nel caso degli xenotrapianti vengono superate e forzate anche le barriere naturali poiché i virus sono introdotti forzatamente nell'organismo attraverso il trapianto. Molti autori, a questo proposito, ritengono che il virus dell'AIDS (HIV) sarebbe stato in realtà un retrovirus delle scimmie. In particolare l'ipotesi più accreditata è che l'AIDS sia una conseguenza delle prime campagne di vaccinazione contro la polmonite. Alla fine degli anni Cinquanta fu infatti inventato un vaccino costituito da virus coltivati sui reni delle scimmie e somministrati alla popolazione per via orale. Solo in seguito si scoprì che sul rene di scimmia non si sviluppano solo i virus anti-poliomielite, ma che alcune scimmie erano portatrici di un retrovirus chiamato SIV (Simian Immunodeficiency Virus) che causava una malattia simile all'AIDS umana. Il rischio quindi è che attraverso gli xenotrapianti si rischia di introdurre nell'organismo umano nuovi virus e nuove patologie che il sistema immunitario non è in grado di riconoscere e combattere.

COME HANNO CERCATO DI RISOLVERE LE DUE PRINCIPALI PROBLEMATICHE


 
È per cercare di migliorare il problema del rigetto e per risolvere anche la mancanza di organi da trapiantare, che si è pensato di creare, mediante l'ingegneria genetica, e usare degli animali transgenici, animali geneticamente più vicini all'uomo e creati unicamente per questo scopo e quindi disponibili in grandi quantità. In questa direzione il 1995 fu l'anno che vide i primi passi concreti. In questo campo in particolare si fa riferimento all'utilizzo di maiali: mentre in passato la preferenze era caduta su primati non umani, attualmente la comunità scientifica ha escluso l'utilizzo di tali animali come fonte d'organi, sia per motivi pratici che etici, scegliendo di utilizzare i maiali come fonte potenziale di organi, tessuti o cellule per lo xenotrapianto. I maiali risultano infatti gli animali più “adatti per la loro conformazione anatomica e genetica, adattamento accresciuto, come detto sopra, dall'intervento dell'ingegneria genetica, che lavora al fine di rendere i maiali transgenici molto simili all'uomo. L'utilizzo delle modificazione genetica degli animali donatori e l'uso di farmaci immunosoppressori sono attualmente i due approcci fondamentali per prolungare la riuscita del trapianto ed evitare, in parte, i problemi fondamentali quale quello del rigetto e quello della trasmissione di virus dall'animale all'uomo.

GLI ASPETTI ETICI SFAVOREVOLI AGLI XENOTRAPIANTI

La pratica degli xenotrapianti, oltre a sollevare importanti aspetti dal punto di vista scientifico e pratico, in particolare in ambito di sicurezza, coinvolge anche ambiti come quello antropologico e etico.
Come si è potuto capire precedentemente, questa tecnica lega fra loro problemi molto diversi e che richiedono risposte diverse: forse non è ancora possibile avere una idea chiara e definita circa gli xenotrapianti, ma solo una linea generale di giudizio.
Le principali questioni etiche che si sollevano attorno a questo tema sono:
  • i pericoli per il paziente (rigetto e xenozoonosi) sono ancora considerati preponderanti rispetto ai benefici attesti.
  • Tutt'oggi non è possibile escludere il rischio di infezioni rappresentato dalle xenozoonosi alle quali sono esposto sia le persone che vivono acconto al paziente, sia la società intera.
  • Ci si interroga in merito alla fattibilità e alla sostenibilità dei controlli regolari ai quali il paziente deve sottoporsi vita natural durante.
  • I costi generali dello xenotrapianto e i rischi di responsabilità civile devono essere coperti.
  • Dato che gli xenotrapianti potrebbero essere considerati organi di “seconda categoria”, è lecito chiedersi a chi dovrebbero venire assegnati i pochi organi di “prima categoria” a disposizione.
  • Vi è il rischio che i pazienti che hanno ricevuto uno xenotrapianto sviluppino disturbi psichici: ci si interroga quindi sull'impatto soggettivo e oggettivo che un organo animale può avere sull'identità stessa del soggetto.
  • Dal punto di vista dell'etica animale ci si interroga in particolare sulla laicità della manipolazione genetica degli animali che fungeranno da donatori, e del loro allevamento in un ambito asettico.
Bisogna porre particolare attenzione alla dimensione psichica di tale pratica in quanto deve necessariamente misurarsi con l'identità della persona: l'impianto di un organo estraneo al corpo originario dell'uomo ne modifica l'identità? E fino a che punto è accettabile questa modifica?
Il concetto di identità personale presenta molte e varie sfumature di significato; cerando di dare una delimitazione a tale termine, si può indicare l'identità personale come la singolarità e l'irriducibilità dell'uomo in rapporto al suo essere e al suo sentirsi persona. Se deve affermare che l'identità personale costituisce un bene della persona, una sua qualità e un valore morale su cui fondere il diritto di difesa dell'integrità della persona. Patendo da questi presupposti, l'impianto di un organo estraneo trova limite etico nel grado di modificabilità che esso potrebbe comportate alla persona.
Il professor Starzl, dopo la morte di un paziente a cui aveva eseguito un trapianto di fegato, procedette con l'autopsia. L'esame rivelò che le cellule animali, attraverso il sistema circolatorio, si erano sparse e insediante stabilmente in tutto il corpo umano. Nel caso dello xenotrapianto quindi, tanto più le cellule animali si integrano con il corpo umano, tanto più grande è il successo. Si può quindi affermare che, nel momento in cui si trapianta un fegato dii maiale in un uomo, si ottiene, da un punto di vista biologico, un uomo per il 93% e un maiale per il 7%.
quale può essere la reazione psicologica di tale persona? Si sa, che dopo un'operazione di chirurgia plastica, alcune persone hanno difficoltà a riconoscersi, con conseguenti crisi depressive. Lo stesso avviene nei trapianti tradizionali.
Strettamente legato a questo ambito è il tema del consenso informato. Al paziente dovrà essere fornita ogni indicazione sulla sua patologia e sulla prognosi, sull'intervento di xenotrapianto e la conseguente terapia, sulle probabilità di successo e sui rischi di rigetto. Il paziente dovrà anche essere informato sulla necessità di sottoporsi a controlli medici per tutta la vita.


Stefano Cagno
Alcuni scienziati come Gianni Tamino e Stefano Cagno già da decenni denunciano orrori e rischi degli xenotrapianti: sofferenze indicibili per i trapiantati, rischi di passaggi di malattie all’uomo con conseguenze inimmaginabili, perché se dovesse diffondersi anche un solo virus attraverso uno xenotrapianto, ne risulterebbe una pandemia. 
Cagno sostiene: Gli agenti patogeni animali si adattano facilmente all’uomo, possono anche combinarsi con virus umani e dare origine a virus sconosciuti e potenzialmente dannosi. Anche negli xenotrapianti vi è la necessità di utilizzare farmaci antirigetto e immunosoppressori per lungo tempo, se non per l’intera vita, riducendo quindi la capacità del corpo del ricevente di fronteggiare i virus, compresi quelli eventualmente portati dall’organo trapiantato e appartenenti ad una specie diversa e quindi più difficili da combattere.

lunedì 12 novembre 2012

GLI ASPETTI ETICI E SCIENTIFICI FAVOREVOLI AGLI XENOTRAPIANTI


La controversia sugli xenotrapianti solleva anche degli aspetti scientifici e considerazioni etiche importanti per sostenere questo nuovo sviluppo tecnologico.
Come ci fanno notare diverse posizione di studiosi ed esperti su questo argomento, tante sarebbero le motivazioni per cui bisognerebbe incentivare lo sviluppo di questa tecnologia.
 In principio è importante ricordare, come ci fa notare l’intervento di Mons. Elio Sgreccia ad una conferenza stampa sull’argomento degli xenotrapianti, che la costante carenza di organi umani da trapiantare su tanti malati che, dati i progressi della trapiantologia odierna, con questa terapia potrebbero ottenere la guarigione e, in molti casi, un ritorno alla vita attiva. Le liste d’attesa sono lunghe in ogni Paese e molti pazienti muoiono ogni giorno mentre attendono la disponibilità di un organo adatto a loro. Questa situazione permane, nonostante gli appelli alla donazione che, da più parti, vengono rivolti alla popolazione e che, in effetti, hanno fatto registrare un incremento di donatori, non tale però da riuscire a soddisfare il fabbisogno crescente, neanche in un prossimo futuro. Gli xenotrapianti quindi potrebbero essere una nuova via che potrebbe aggiungersi al già consolidato trapianto da uomo a uomo, generalmente da donatore-cadavere a vivente. La riflessione sugli xenotrapianti certamente non è chiusa ma esso potrebbe costituire un aiuto ed un contributo qualificato, uno strumento sapienziale, pur solidamente basato sui dati scientifici oggi disponibili.

Emanuele Cozzi
Secondo l’opinione del professore Emanuele Cozzi  il trapianto rappresenta la terapia di elezione per molti malati con insufficienza d’organo terminale. La cronica carenza di organi esclude purtroppo dal trapianto molti pazienti che ne avrebbero necessità. Negli ultimi anni infatti sono stati compiuti alcuni progressi scientifici importanti nel settore degli xenotrapianti:

1. sono notevolmente migliorate le conoscenze sui meccanismi immunologici che sono alla base del rigetto di organi trapiantati tra specie diverse;

2. l’avvento della biologia molecolare ha permesso di produrre animali ingegnerizzati cui organi sono più "resistenti" nei confronti del rigetto

Tutti questi progressi insieme hanno consentito di migliorare significativamente il tempo di sopravvivenza di organo di maiale trapiantato in un primate non umano. I migliori risultati sono stati ottenuti quando organi di maiale modificati per la hDAF sono stati trapiantati in primati non umani immunosoppressi. Ciò ha permesso di mantenere in vita primati trapiantati fino a 3 mesi. Tuttavia, questo tempo di sopravvivenza non è ancora paragonabile a quello di organi umani trapiantati nell'uomo. L'ulteriore modificazione genetica degli animali donatori e/o l'uso di altri/nuovi farmaci immunosoppressori sono i due approcci presi in considerazione per prolungare ulteriormente la sopravvivenza di uno xenotrapianto. Inoltre oggi è possibile allestire linee di animali donatori prive di tutti questi agenti infeAl momento, gli unici agenti che destano qualche preoccupazione sono i retrovirus porcini (Porcine Endogenous RetroViruses o PERV) anche se, in uno studio retrospettivo condotto sul sangue di 160 pazienti esposti a tessuti viventi di suino, non vi sono state evidenze che essi possano portare a malattia nell’uomo. L’eliminazione dal maiale dei PERV, costituisce una sfida per gli anni avvenirettivi noti. Da quanto detto, risulta evidente come molte ricerche nell'ambito dello xenotrapianto siano ancora necessarie e debbano essere compiute.

Su qualcosa di così innovativo come lo xenotrapianto, importanza cruciale riveste una piena informazione del pubblico. Questa informazione dovrà essere accurata e bilanciata, corretta e dialettica, ed indicare non solo i benefici, ma anche i possibili rischi relativi all’individuo ed alla comunità. L’obiettivo da porsi è quello di formare un’opinione pubblica informata e cosciente: in essa gli organismi competenti troveranno un interlocutore adeguato nelle valutazioni di accettabilità dello xenotrapianto.

In conclusione, lo xenotrapianto, può essere considerato come una grande sfida scientifica, una realistica opzione terapeutica, ed un progetto in linea di principio eticamente lecito, fatti salvi i diritti dell’individuo e della comunità alla tutela della salute con uguale possibilità d’accesso alla terapia.